Contro natura.

Bianca Bellová ha una voce dolcissima e la pronuncia slava la rende ancora più soave.
L’ho sentita parlare del suo nuovo libro, Mona, edito da Miraggi Edizioni, in occasione di un formidabile evento fuori programma di Etnabook nell’aula consiliare di Sant’Agata Li Battiati.
L’autrice è stata insignita del Premio Letterario dell’Unione Europea nel 2017, e ha avuto importanti riconoscimenti in patria.
Ora è in giro per l’Italia per parlare dei libri in generale, del suo in particolare, ma soprattutto dell’inafferrabile potere salvifico e trasformativo che hanno le storie. Raccontare è terapeutico, raccontarsi è fondamentale, questo lo sappiamo già. Sono cose che l’umanità ha iniziato a fare da subito e credo che non abbia alcuna intenzione di smettere.
Ma è proprio vero che i libri ci salvano? Io ho l’impressione che servano soltanto a incasinare di più le cose. In un mondo che punta alla semplificazione, le storie ci raccontano la complessità. Non solo, ci propinano perfino l’idea sediziosa che non possiamo farne a meno.
Ma tutto questo va contro la nostra stessa natura!
Il nostro affidabilissimo istinto evolutivo ci prende maternamente per mano, guidandoci verso un ragionamento rozzo, dimesso, che ci porta a prendere decisioni veloci, sulla base di pochi, fumosi indizi.
Da un punto di vista evoluzionistico questa è stata senza dubbio una carta vincente, non possiamo negarlo. Ma la letteratura, subdola e strisciante come un serpente, ci suggerisce che non può più funzionare.
Si tratta di prendere atto che il pericolo non è più là fuori, non è la bestia feroce che vuole sbranarci. Il pericolo nuovo e terribile sono i nostri stessi pensieri troppo veloci, il nostro guardare al mondo e agli altri con una cognizione che è di un altro tempo e di un altro spazio.
Per questo ci sono gli scrittori, che, secondo Bianca Bellová, vedono le cose prima e meglio. Hanno l’occhio allenato di chi rimane fermo per tanto tempo a osservare l’umanità e ne vede i più deprecabili limiti e le potenzialità più grandi. A un certo punto si siedono e scrivono. Che altro possono fare? Così, ci aiutano ad accogliere il disordine e la complessità che sono la nostra vera salvezza.
Mentre farnetico, Edgar sbadiglia. Lui non li ha questi problemi, segue il vecchio schema e si trova benissimo.
«Beato te, Edgar», gli sussurro dalla finestra. Lui mi ignora e va a caccia di lucertole.

 
Anna Monosi
annamonosi@libero.it
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