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La strada di casa di Kent Haruf - NN Editore (2020)

Siamo nel Colorado, a Holt, una cittadina immaginaria, in un Novecento a cavallo tra la prima e la seconda metà. Holt ha la sua ferrovia, la statale, la panetteria, una Main Street, un giornale locale, maschili sabati sera al bar. E’ abitata da una umanità ordinaria che scorre con ritmo lento, abitudinario, avvitato su se stesso. 

Jack Burdette vive a Holt, ma è il rifiuto dell’ordinario, del convenzionale, del prevedibile, anche a costo di inimicarsi diabolicamente i suoi concittadini e di far disamorare di sé la giovane moglie Jessie
con prole.  
Eppure,  l’impunità avrà la meglio sulla sua condotta esecrabile. Perché leggere LA STRADA DI CASA? Per la indiscutibile suspense che l’autore crea sin dall’incipit e che risolve solo nelle ultime pagine; per i dialoghi non introdotti dai segni di punteggiatura del discorso diretto, bensì incorporati al testo e ciò li rende rapidi, irruenti, assertivi; per la scena del ballo di Jessie: la donna risarcisce col proprio corpo –  o meglio, con una parte sacra di esso – il popolo di Holt per i peccati commessi dal marito Jack, fuggiasco. E’ un’immagine potente, disturbante, un quadro in movimento e dai profili prima definiti, poi via via più liquidi, sino a fluire, come in un quadro di Salvador Dalì. Il traduttore Fabio Cremonesi vi legge in dissolvenza il credo religioso dell’autore: protestante metodista, un credo per il quale Dio si paleserebbe nell’uomo attraverso la carità, la perfezione della propria condotta, il sacrificio di sé. A conclusione della vicenda, la strada di casa – ossia quella bramata forma di risarcimento, che sia esso economico, affettivo, civico – non la trova nessuno, in questa storia: né Jack, impantanato nella sua coscienza oscura, né Jessie, il cui sacrificio risulterà non sufficiente, né gli abitanti di Holt, uomini e donne fatti di nulla risibile e grottesco, né Pat, amico di gioventù di Jack e voce narrante.  Ma a perdersi, in LA STRADA DI CASA, è soprattutto la giustizia.

 Maria Giovanna Bucolo