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Mostruosa Maternità di Romana Petri, Giulio Perrone

MOSTRUOSA MATERNITA’ di Romana Petri, ed. Giulio Perrone Editore, 2022, è un titolo che non contiene un ossimoro, una contraddizione in termini: esprime invece una complementarietà. Perché nella maternità può annidarsi il mostro, e Romana Petri lo racconta in dodici storie in cui protagonista NON è il rapporto filiale – madre/figlio -, come apparentemente potrebbe sembrare, bensì quello tra il divenire madre e l’essere donna.

Il rapporto madre/donna può fare cortocircuito quando gli altri non ne vedono in tempo i segnali perché si ritiene siano impossibili, per natura, che segnali di mostruosità possano esistere quando una donna fa un figlio. Invece essi ci sono e le responsabilità, se vogliamo trovarne, albergano in chi vuole una donna madre sempre forte per natura, quando invece le fragilità esistono, eccome, ed emergono come piaghe sulla pelle e, se ignorate, sono insanabili.

I racconti di Romana Petri sono dodici e mescolano realtà di cronaca con fantasia di scrittrice. Si aprono e chiudono con il caso Franzoni: il primo è narrato in prima persona, si adotta il punto di vista della Franzoni che parla, pensa, si pone domande e ipotizza risposte e, soprattutto, lascia il lettore sospeso tra il giudizio di innocenza e quello di colpevolezza.

L’ultimo riprende il caso Franzoni, ma a parlare non è più lei, bensì la gente comune, quella che chiacchiera dal parrucchiere, dall’estetista, tra amiche e che mescola ossessivamente le notizie di cronaca morbosa per sentenziare giudizi di innocenza o colpevolezza senza appello. E’ il parlare dell’opinione pubblica. Negli altri racconti la posizione del narratore oscilla tra la prima e la terza persona, si fa interno e esterno alla vicenda, senza mai abbandonare la potenza espressionistica, anzi.

Che differenza esiste tra MOSTRUOSA MATERNITA’ e la cronaca quotidiana? Romana Petri espone in letteratura una realtà nota, attraversandola però dall’interno della labirintica mente umana, instabile come sabbie mobili, soffermandosi sui dettagli fanciulleschi – un gioco, una espressione stupita – , sui pensieri di madre non detti, sulle paure nascoste.

Non lascia spazio, qui, al chiacchiericcio di facile sentenza, non emette giudizio alcuno. Resta un’unica verità: una solitudine non capita.

 

BUONA LETTURA MARIA GIOVANNA BUCOLO